Storie di viaggi e migrazioni è un progetto di formazione sul reportage narrativo per il recupero delle storie della regione realizzato dalla Scuola Holden di Torino per il Premio Chatwin 2008.
Il laboratorio, gratuito e riservato a tre gruppi di studenti di circa 20 allievi ciascuno, ha coinvolto tre scuole:
l’Istituto alberghiero Bergese, con un gruppo misto di 23 studenti di classi differenti, guidati dalla professoressa Daniela Malini; gli allievi della IV H del Liceo Scientifico Cassini, guidati dal professor Saverio Zuffanti; gli studenti di IV e V A del Liceo Scientifico Fermi, guidati dalla professoressa Anita Milea.
Ospitati dal Galata Museo del Mare, i laboratori sono stati interamente seguiti e coordinati dai docenti Holden Eric Minetto (Istituto Bergese), Marta Pastorino (Liceo Cassini) e Rossano Lo Mele (Liceo Fermi).
Il lavoro, avviato a metà ottobre, si è sviluppato in tre fasi: individuazione delle storia da narrare e ricerca, selezione e organizzazione dei materiali raccolti; analisi del reportage narrativo, finalizzata a fornire agli studenti gli strumenti necessari alla costruzione del racconto; scrittura, lettura ed eventuale riscrittura del racconto.
Il risultato finale del percorso ha prodotto tre racconti, uno per ogni gruppo, che gli studenti, emozionantissimi, hanno letto nel corso dell’incontro Sì viaggiare. Come si viaggia e come si narra un viaggio di fronte a tre grandi esperti: il documentarista Folco Quilici, lo scrittore e giornalista Corrado Ruggeri, il giornalista, direttore del mensile Gente Viaggi, Silvestro Serra.
Sono seduta qui nella mia stanza a pensare a un’intervista a una signora francese di cui devo fare un resoconto. Non è facile, poiché si tratta di una storia bella e intricata allo stesso tempo.
Ricordo la cucina, pulita, ordinata, piena di piccoli oggetti; i girasoli applicati alle tendine sembrano veri e illuminano la stanza. Ricordo la fotografia grande del figlio con vicino quella più piccola del marito su uno di quei mobili antichi, ma non vecchi. Ricordo i suoi grandi occhi azzurri schermati da occhiali dalla montatura spessa. Lei, seduta e diritta su una sedia vicino al tavolo. Le mani curate spostano i capelli bianchi che cadono delicatamente su un maglione di lana che richiama il colore dei suoi occhi . Ricordo quelle labbra sottili che si dischiusero in un sorriso e iniziarono a raccontare: Era il 1901 quando i miei nonni materni si trasferirono in Francia ed io molto legata a loro mi legai anche alle loro origini, l’Italia. Io, bambina, fantasticavo su quelle terre sconosciute ai miei occhi, ma così limpide nei racconti dei miei nonni. E come mi innamorai dell’Italia, mi innamorai anche di un soldato italiano di nome Alfio. Ma non abbiamo neanche avuto il tempo di conoscerci che la guerra ci separò. A sedici anni ho deciso della mia vita! Quella vita che ho donato a lui… lui che non si stancava mai di rispondere alle lettere, lui che rispediva le mie corrette ed io che ci rimanevo male! Per quattro anni ho aspettato e finalmente tornò dalla guerra dopo esser stato liberato. Mi fece scoprire che i sogni si possono realizzare.
Ci sposammo.
Mi portò in Sicilia, così mitizzata nelle sue lettere, conobbi la sua famiglia e andammo ad abitare a Roma ; ma era troppo grande per me, abituata ad un paese piccolo.
Poi fu la volta dell’Umbria, a Gubbio,dove restammo per quattordici anni; poi La Spezia e in seguito Prà con la sua meravigliosa vista su Portofino. Infine Pegli, ed è qui che mi sono fermata.
Abbiamo avuto due figli e nonostante tutto una bella vita.
Capita spesso che i miei pensieri più intimi io li pensi in francese e so che il mio cuore rimarrà per sempre francese. Ma il mio posto è qui, in Italia, in Liguria, vicino alla mia famiglia.
Ho imparato, nel tempo, a vivere con il cuore diviso.
Questa in sintesi è la storia, ma ci sarebbero molte altre cose da dire: lo stato d’animo di Nini di fronte a tutti quegli spostamenti o meglio ancora: cosa provava lontano dal suo paese, la Francia?
Come può sentirsi un ragazzo o una ragazza lontano dal proprio paese? Quanto possiamo aiutare noi gli stranieri ad amare il nostro paese?
Queste furono le sue domande; si toccò la fede ripetutamente come se queste domande la turbassero e rimase in un silenzio imbarazzante, come se pretendesse delle risposte da me.
In quel momento non le seppi rispondere , ma adesso che sono qui nella mia stanza a riflettere penso di aver trovato, se non proprio una risposta, poche, semplici parole:
Cara Nini, voglio ringraziarti perchè da te ho imparato che, anche con il cuore diviso, è possibile vivere e amare.
gli studenti dell’Istituto Alberghiero Nino Bergese: Paola Nocerino, Valeria Screpis, Marlon Buenano, Armando Ciullo, Luis Cruz, Flavio Cuccaro, Giovanni Dellepiane, Valentina Famà, Christopher Filippi, Sharon Galante, Micaela Marella,Antonio Muroni, Arianna Ozzola, Agnese Pesce, Carola Sacco, Sebastiano Vento, Mattia Zane, Sara Zavaglio,Roberta Ottonello, Veronica Lombardo, Marilina Incarnato, Elvis Zhupaj (montaggio intervista)
professori: Daniela Malini, Patrizia Falco e Nini Gazzola
tutor: Eric Minetto – Scuola Holden
Era notte. Ogni cosa intorno a me, mi ricordava che le speranze legate a quel viaggio diventavano sempre meno nitide e sempre più cupe.
Cupe come l’abisso che si estendeva intorno alla nostra imbarcazione, talmente immenso da sembrare monotono. Monotono come l’infrangersi delle onde sempre sullo stesso legno, accompagnato dal vento tagliente che sferzava i visi per tenerli svegli e non permettere a nessuno di addormentarsi.
Arrivò il mio turno. Come ogni sera.
«Muoviti e prega il Signore di non incontrare solo acqua stanotte!»
Era vero, se quella sera non avessimo trovato niente avremmo dovuto invertire la rotta. Era un mese che le nubi nero cenere nascondevano la luna. Navigare nella notte era difficile. Navigare nelle tenebre era terribile. Forse anche questo aveva spinto i miei compagni a ribellarsi contro il capitano, stufi di sognare un qualcosa che ogni minuto diventava sempre più irrealizzabile.
«Signorsì, signor capitano!» Si voltò. Avevo deciso che gliel’avrei detto.
«Capitano, oggi abbiamo percorso più di quindici leghe, vero?»
«Sei sveglio, ragazzo! Ho dovuto mentire ai miei uomini. Una tratta così lunga ed inutile avrebbe scoraggiato l’equipaggio. Adesso va’!»
Raggiunsi la coffa ripensando alle parole del capitano.
Colombo aveva un carattere forte e con la sua tenacia cercava di tenere alta la speranza di tutti. Ogni mattina andava sulla prua della Santa Maria e osservava l’orizzonte con lo stesso affetto con il quale parlava della sua Genova.
Chissà se la città del faro era bella come la descriveva…
Era la notte del 12 ottobre 1492. La luna aprì una piccola breccia tra le nubi e quasi mi mancò il fiato.
«Terra!»
Gli studenti della IV A del Liceo Scientifico E. Fermi: Davide Berlingò, Federica Cudillo, Xhensila Guri, Zelia Rossi, Marco Zunino
professori:
tutor: Rossano Lo Mele–Scuola Holden
1° scatto: 29 novembre 2008 Piazza De Ferrari sembra molto piccola rispetto agli imponenti palazzi che la circondano, è il punto d’incontro di centinaia di persone piccolissime e difficilmente riconoscibili.
Ciascuno fa qualcosa di diverso senza preoccuparsi degli altri e senza pensare che è proprio al centro di questa fotografia.
2° scatto: il porto Cielo azzurro intenso, qua e la nuvole sottili quasi trasparenti; c’era il sole alto nel cielo, la sua luce quasi accecante. C’erano tanti portuali tutti indaffarati, sguardo intenso e occhi stanchi, vestiti con la tuta, i ganci posizionati sulla schiena, pronti ad agganciare le merci che arrivavano dalle navi ogni giorno e attraccavano con larghe funi al molo.
3°scatto: la piazza Mi ricordo, eravamo tutti vestiti uguali: calzini corti e maglietta a righe, simbolo della nostra rivolta. È una battaglia, una vera e propria battaglia quella che mi si presenta davanti: colori cupi e fumo che rendono la piazza irriconoscibile e folle, fanno da scenario alla nostra lotta, la nostra voce urla la volontà di un futuro migliore.
4° scatto: il colore della speranza Il gancio fa male, punge la schiena. Sono appeso alla fontana da tutto il giorno e un’immagine riesce a distrarmi. Un rettangolo in lontananza, un balcone color sabbia, una gamma di colori si sussegue. Quell’angolo colorato di fiori ha riacceso la speranza di vivere una vita tanto desiderata.
penultimo scatto: È tardi. Oggi non sono più il vecchio gancio arrugginito, oggi ho potuto scegliere, vivere: quando ho deciso di far cadere nella fontana il poliziotto che avevano appeso a me.
ultimo scatto: Era l’ultimo scatto a disposizione di quel lungo rullino di emozioni e il fotografo doveva scegliere quale sarebbe stato. Forse la folla o un giovane, maglietta a righe e guance rosse dal sole. Il silenzio fa più rumore di qualsiasi suono. Davanti a lui il sole si sta ritirando, stanco per una giornata lunga faticosa e incancellabile. Il rosso si fonde con il giallo e con il rosa,i gabbiani picchiettano di bianco quella grande tavolozza così speciale. Il suono della nave in partenza, la fine della confusione, la fine di quella giornata, l’ultimo scatto.
oggi E ora, quando guardo la piazza, la osservo in modo diverso,riesco ancora a vedere quelle immagini. La città ne rimarrà macchiata per sempre e De Ferrari non sarà più la stessa.
gli studenti della IV H Liceo Scientifico Cassini
professori: Saverio Zuffanti
tutor: Marta Pastorino
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