Il paesaggio dentro, il paesaggio fuori

Il paesaggio dentro, il paesaggio fuori

di Elena Vergine

Il paesaggio dentro e il paesaggio fuori. Non so mai quale preferisco. Il paesaggio fuori scorre via veloce, sbatto le ciglia e provo a trattenerlo ma ne ricavo solo immobili immagini di velocità, che mi ricordano i quadri futuristi.
Il rumore ritmico prodotto dal treno nel suo fluire svelto sulle rotaie mi infonde dentro una calma profonda.
Mi capita, d’estate, quando dormo con la finestra aperta per catturare la frescura notturna, di sentirlo, il rumore del treno. E allora sorrido e penso a quelle persone in viaggio che non devono far altro che lasciarsi trasportare.
Appoggio la fronte al finestrino freddo, il mio respiro disegna sul vetro piccoli oblò di vapore.
Guardare fuori mi rilassa, posso intrecciare con la mente una tela sottile che colleghi ogni mio pensiero a una precisa cosa lontana, là fuori. A volte poi, il mio sguardo si fa sognante, torbido di ricordi, e penso al passato e al futuro.
Un passato infantile di viaggi estivi interminabili, di sedili che si trasformano in cuccette e di risate la mattina dopo, quando ritrovavo quelle coperte, che sembravano carta, avvolte a me in un abbraccio stropicciato e indistricabile.
Un futuro di viaggi col portatile sulle ginocchia, a pensare e pensare e pensare ai ritorni in una casa che non sento più mia e alle partenze verso un universo che ancora non mi appartiene. Sono solo di passaggio.
Il paesaggio dentro si vede bene soprattutto di notte. Quando l’oscurità rende i finestrini degli specchi sui quali si può godere, indisturbati e senza sembrare invadenti, dei riflessi dell’umanità che ci circonda. Osservo i volti e gli atteggiamenti degli altri viaggiatori e gioco a indovinare le loro storie e i loro drammi segreti. A volte, lo confesso, fingo di ascoltare la musica, ad occhi chiusi, e in realtà presto attenzione ai loro discorsi. Sono sicura di non essere l’unica a farlo. Parlare in treno equivale a narrare una storia a molti sconosciuti ascoltatori.
Finché sono qui posso abbandonarmi all’immaginazione, a pensieri che spesso non ho nemmeno il tempo di fare, è un momento di beata inattività. Ci sono delle luci all’orizzonte del mio sguardo che sembrano non avvicinarsi mai. Vorrei sapere cosa sono, dovrei raggiungerle e presto lo farò, la prossima è la mia stazione. Ma in realtà sarebbe bello poter rimanere tutta la vita su questo sedile, con questi pensieri a ronzarmi in testa, e la moltitudine di questi binari che scorrono sotto di me come un nero fiume.

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