Mentre Aspetto

Mentre Aspetto

di Michele Lepera

Mi trovo in auto, fermo davanti le vetrate dell’aeroporto.

La notte fresca di una primavera annunciata, mentre aspetto un ritorno. Radio accesa e voce frizzante del DJ che anticipa il nuovo singolo di un artista a me sconosciuto.

Partono accordi leggeri di chitarra. Le dita scivolano sulle corde e io scivolo un poco all’ingiù, poggiando le ginocchia sullo sterzo e la testa sul sedile. La voce calda racconta in un inglese biascicato la storia di Billy Jo McKay. Mi lascio cullare. Trascinando il suo trolley, un Billy Jo qualunque attraversa lo schermo del mio parabrezza e si apre in un abbraccio poco più in là.

Non c’è niente come un abbraccio per capire che “casa” non è più così lontana. È arrivato un volo ma non è quello che aspetto, e altri viaggiatori escono dalla porta che gira. La voce del DJ si adagia al fade out della canzone, mentre esco anch’io dal mio guscio di lamiera. L’aria di fuori è appesantita dal salino e la mano va a proteggere la gola. In pochi passi raggiungo le vetrate e la porta che gira.

Gironzolo un po’ all’interno, riflettendomi sul pavimento lucidato a specchio e osservando le luci al neon che illuminano a giorno. I passi fanno un’eco leggera. Mi siedo lontano da un uomo che legge, seduto a sua volta lontano da un altro che sonnecchia. Tanto spazio per sé, in questo spazio che in realtà non è di nessuno. Chissà se Billy Jo – a patto che esista – ha mai passato una notte nella sala d’attesa di un aeroporto. Io sì. E se prima ho ascoltato la sua storia ora potrei raccontargli la mia.

Il grande atrio dell’aeroporto di Dublino brulicava di viaggiatori in cerca di un angolo dove adagiarsi. Nella notte di fine estate, fresca come questa, trovai un posto a sedere. Di fianco i piedi stanchi di un ragazzo sdraiato, dalla parte opposta una donna coperta da uno spesso strato di profumo alla frutta.Ritenendomi in ogni modo fortunato, sorrisi a due italiane su cartoni di dubbia qualità, mentre un terzo cercava la giusta posizione in un carrello portabagagli.

Assicurato il posto con lo zaino e con gli odori dei miei vicini, presi a camminare un poco, riflettendomi sul pavimento lucidato a specchio e osservando le luci al neon illuminare a giorno. L’eco leggera dei passi si perdeva tra il cicaleccio di giovani seduti per terra e i mormorii in dormiveglia di viaggiatori aggrovigliati in sonni scomodi.

Nonostante il tempo facesse a gara con l’infinito e il mal di gola con l’inferno, stavo bene. Piacevolmente distante.Nei non-luoghi è così, hai la possibilità di sentirti altrove. E “altrove” è il luogo dove gli occhi si divertono, incuriositi come bimbi. Già, nei non-luoghi è così, hai la possibilità di sentirti altrove, anche ora che aspetto un ritorno che non è il mio. Mentre giro insieme alla porta che gira e raggiungo nuovamente l’auto parcheggiata al lato della strada, osservo come uno straniero la mia città illuminata, con tutte quelle luci a incandescenza che se scatti una foto diventa tutta rossa… e con quella strada sopraelevata sui palazzi antichi del Centro Storico che mentre guidi puoi sbirciare oltre le finestre aperte e scoprire i colori.

Poi quando piove è magica, ma è meglio camminare, quando piove, che vedi rivoletti tra le pietre del selciato e gli odori si liberano. Sai, ci sono dei vicoli così stretti che la pioggia non entra e sguardi asciugati dal tempo che sembra abbiano visto tutto, anche se in tutta una vita hanno preso un solo treno – tanti anni fa che sono troppi da ricordare – e ora si accorgono solo delle cose che non ci sono più.

Mia nonna dice che ama il suo lontano paesello, ma per lei il viaggio è ormai solo un desiderio senza coraggio. E lo dice con compiaciuta stanchezza e sottile malinconia. Questo avrei voluto raccontare al ragazzo di Manchester che mi fece compagnia al bar dell’aeroporto di Dublino, l’ultima notte del mio primo prezioso viaggio in solitaria.  Ma se non l’ho fatto è perché troppe parole stancano gli occhi.

Un’ombra s’accosta al lato del passeggero. Apre la portiera ed entra. –     Ciao papà, com’è andato il viaggio?-     Benissimo, non mi sono accorto di nulla. Caro Billy Jo, penso che negli aeroporti sia meglio attendere.

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