Aspetto un tiglio
di Andreina De Tomassi
E’ la solita storia. Il topino di campagna scappa dalla città e quello urbano desidera le sue amate fogne. Forse è il primo viaggio che si compie, dopo la capanna nella foresta: il cittadino va in campagna e il contadino in città. Mondi a confronto, l’esperienza diventa viaggio, stupore, paura, dentro l’antico dissidio tra paesaggio naturale e quello costruito. Ma sarà vero? Quanti viaggi, quante emozioni, domande interiori si sono posti quelli “fuggiti” dalle metropoli e gli altri, quelli “fuggiti” dalla campagna. Solo l’implacabile bilancia dei pro e dei contro decide come e dove stare.
Prendete me: giornalista, anzi, inviata, “regina della notte”, allegra e sfrontata, divorziata, senza figli, innamorata del suo quartiere romano, Monteverde, che a un certo punto, con il suo compagno, che ama il Furlo dell’infanzia, decide di mollare tutto e a 48 anni approda in un borgo sconosciuto nelle Marche.
Sant’Anna del Furlo, 10 anime in tutto, su un pianoro boscoso circondato dai monti, e sono solo i Pre Appennini, sullo sfondo, una quinta teatrale maestosa e terrificante, la Gola del Furlo. Sono rimasta tre mesi chiusa in casa. Mi veniva un tremore alle gambe, a uscire. Circondata da querce e frassini, lecci e robinie (i nomi li ho scoperti dopo), silenzio assoluto, solo il borbottio del fiume, connessioni con il mondo? Zero, se non qualche tacca raggiunta “buttandomi” dalla finestra. Non è stato facile. La prima volta che ho incontrato un enorme capriolo ho urlato come un’ossessa, ma anche lui scappò, con un balzo. Mille le prime volte di questa nuova vita, accompagnate dal sorrisetto di Antonio: quando passò sotto casa una coppia di giganteschi istrici, che io credevo fossero grandi come i ricci, un saettante orbettino, serpente verde oro che mi azzerò la salivazione e la parola, o la maledetta vespa calabrone, una delle 36.000 specie aliene, a proposito di cambiamento del clima… Ma il lupo, anzi la lupa con il suo cucciolo, mi ha inchiodata nel boschetto, non avevo mai sentito la colonna vertebrale ondeggiare così, né i peli dritti che volevano uscire dai bulbi; lei ha grugnito qualcosa al suo piccolo e se ne sono andati. Per non parlare dei cinghiali, dell’assiolo che urla di notte, dell’aquila che volteggia sopra la casa… Mi sono abituata. Sono diventata un’amante della natura, conosco i nomi delle piante selvatiche, riconosco qualche fungo, dialogo con il corniolo e gli antichi meli (ho creato un mio pantheon: la quercia davanti casa è mia madre, il ciliegio è mia zia), faccio il verso della cinciallegra… Ora è quando vado in città che ho paura di tutto.
Intanto a Sant’Anna, dove è nata la Land Art al Furlo, abbiamo creato una strada, è il “Cammino più breve del mondo”, 200 metri, composto da 100 artisti. Un viaggio nel viaggio. I “pellegrini” si divertono, saltellando a piedi scalzi sulle pedane dipinte. E noi? Certo, è svanito lo spirito dei pionieri, all’inizio, pensavamo di fondare un’Arcadia, una Comune di Sognatori, ma non è avvenuto, solo comunità temporanee per il festival settembrino, e poi la Casa nel bosco rimane vuota, solo noi due e la gatta. Quindi, abbiamo deciso di chiudere questa esperienza, questo tragitto lungo 15 anni. E’ stata una bella avventura. Non siamo dispiaciuti, forse disillusi; l’età avanza e speriamo che il viaggio, la vita, continui a sorprenderci.
Adesso aspetto un Tiglio. Non è facile: scegliere il posto, fare una buca enorme, metterci il letame maturo, una volta l’anno dargli azoto, fosforo, potassio, le potature primaverili, curare le eventuali malattie.
Proprio come noi.