3° classificato ex aequo 2022 – Un viaggio di Riccardo Borghetti

UN VIAGGIO  

di Riccardo Borghetti  

Non proprio in Patagonia. Non con il miraggio di quell’uncino di terra ispanica e selvaggia, ma andare. Muoversi ed andare per potersi incontrare di nuovo. Ho impiegato molto tempo per convincere il viaggiatore sconfitto che era in me a riprendere il cammino e non sono sicuro di esserci riuscito. Quando lei se ne è andata non riuscivo a capire. Pensavo si fosse abituata a restare e ad amarmi ma evidentemente non era così. Era rimasta scalpitando. Restare ad amarmi non le piaceva. 

Non le somigliava, le costava troppo. E allora via, in movimento, mentre io, stanziale, a farmi domande, conoscendo già le risposte. La routine rassicura, ci avvolge nelle sue tiepide spire e ci coccola in lunghi tempi che si ripetono e che finiamo per amare. Avevo creato il mio punto di equilibrio: l’appartamento in centro città proprio sopra all’elegante bar del quartiere, le mie colazioni alla solita tarda ora mattutina, gli incontri con i soliti avventori con scambi di opinioni su tutto, sport, politica, sprazzi di cultura e sguardi malandrini a donne che spesso ricambiavano. Oltre alla mia pigrizia anche l’ego riceveva carezze mentre lei, inconsapevole o, forse no, progettava la fuga per allontanarsi da me, dalla mia polvere, dal mio stagno. 

I nostri dialoghi latitavano. Lanciavo, sempre più raramente brandelli di argomenti che non appassionavano né me né lei. Ripensandoci, credo che nel mio intimo paventassi la sua fuga, la mia solitudine, l’abbandono e già allora ne fossi terrorizzato. Un uomo statico e spaventato. Spento. Nel crepuscolo del nostro amore moribondo tra un telegiornale e i nostri commenti sfilacciati lei prendeva la chitarra che le avevo regalato secoli fa e intonava una canzone fissandomi con isuoi occhi malinconici. Li rivedo adesso e mi correggo, erano nostalgici. Nostalgia di chissà cosa, di chissà che. Forse la risposta stava in quella sua canzone che ripeteva ossessivamente. Bella melodia ma mi sfuggivano le parole. Un pacato messaggio disperato di una naufraga che lancia S.O.S in un mare tempestoso. Non so dove sia ma so dove raggiungerla. Canticchio la canzone e seguo le parole come fossero la mappa per trovarla: 

“Che viaggio che sarà, sarà una bella gita, 

giornate di incoscienza e di velocità inaudita, 

le notti tiepidissime di brezze marinare 

avremo male ai muscoli per tutto quell’andare. 

Andare e ritrovarci perché siamo perduti, 

che ci attacchiamo al tempo andato sempre più sudati, 

l’amore ha il cuore nomade e tende agli orizzonti, 

l’amore è un commerciante serio e non concede sconti. 

Ne abbiam vissute storie per poi sederci qua 

ad aspettar qualcosa che non viene e non verrà, 

abbiam dimenticato le regole del gioco, 

abbiam mangiato tutto e seminato molto poco. 

Con i polsini logori e i vestiti demodé 

io non ti sto piacendo più e tu non piaci a me, 

ricominciamo il viaggio, lasciamo fare al mare, 

troviamoci ansimanti e stanchi dentro nuove sere. 

Il tempo di dormirci su e riprendiamo il viaggio, 

raccogli le tue cose buone, ritrova il tuo coraggio,

scintille, fuoco e incendio non scoppiano per caso ci vuole volontà perché di solito è doloso. È molto che mi manchi, chissà dove sarai, tra gesti prevedibili, io sono dove sai 

in posti lontanissimi e non c’è niente di peggio che rimanere immobili e non mettersi più in viaggio. L’amore ha il cuore nomade e tende agli orizzonti, continuerà a sorprenderci se noi saremo pronti”. 

Eccola, la vedo. 

Sorride. 

Mi aspettava.

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