Una vita a metà

Una vita a metà

di Luca Bollentini

I pendolari di medio raggio sono una categoria di viaggiatori che studiano o vivono in una città e mantengono i veri rapporti di parentela, amicizia e amore da un’altra parte.

I luoghi dove conducono queste diverse esistenze non sono a una distanza tale da giustificare un addio definitivo né abbastanza vicini da permettere andata e ritorno in giornata. Le persone che rientrano in questa categoria sono quindi costrette a un’eterna vita a metà, compongono un’umanità incompiuta a cui non è dato modo di fare una scelta definitiva.

In mezzo ai due mondi sta il viaggio in treno. Il venerdì sera i pendolari tornano alla città di origine con entusiasmo, convinti di lasciarsi alle spalle le amarezze della settimana, e ripartono la domenica pomeriggio appesantiti da un senso di scoramento infinito.

E’ una vita fatta di weekend rubati, di festività attese, di coincidenze di calendario favorevoli: tutti questi intervalli felici sono però sempre troppo brevi, perché già il giorno in cui si è arrivati sale la triste consapevolezza che presto bisognerà ripartire. 

I pendolari di medio raggio si ritrovano così la domenica sera, l’ora più terribile da sopportare per l’animo umano, sul marciapiede della stazione ad attendere il treno che li porterà via ancora una volta.
I più sensibili hanno gli occhi lucidi, si sentono strappati all’amore, alla famiglia o più semplicemente alla nostalgia, mentre i più concreti appaiono tremendamente annoiati dalla routine dello spostamento.

Tutti comunque sono certi che quel viaggio non sarà l’ultimo e che dovranno passare molti anni, forse un’intera vita lavorativa prima che possano riuscire a stabilirsi.

Il tempo in treno si presenta così come una sorta di limbo durante cui il pendolare è tormentato dalla stessa domanda: come potrebbe essere?

Si chiede infatti se ne valga la pena ripartire tutte le settimane e si immagina come invece potrebbe essere fermarsi finalmente in uno qualsiasi dei posti che scorrono fuori dal finestrino: come sarebbe vivere nella casa perennemente circondata dalla nebbia in Val Scrivia, gestire un bar sulla spiaggia di Lavagna o passeggiare a Genova Nervi nelle domeniche primaverili?

Nelle ore di viaggio tutto appare preferibile agli interrogativi interminabili del fine settimana: tutto sembra migliore di quell’incertezza destinata a non trovare mai pace, a quel passaggio continuo di ritmi di vita, al mescolarsi senza fine di speranze e angosce.

Il treno non è tuttavia il luogo giusto per fornire delle risposte. Ci porta da un capo all’altro dei nostri dubbi, avanti e indietro, ma ci lascia sempre addosso la sensazione della notte  dell’ultimo dell’anno, quando si dovrebbe fare il bilancio della propria vita per poi rinunciarci e rimandare a un altro momento.

Così, immobilizzati dalle loro domande, i pendolari a medio raggio concludono che possono soltanto aspettare: decideranno cosa fare della loro vita nel viaggio di ritorno.

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